NOTE DAL CINEMATOGRAFO / Appunti scimmieschi attorno al cinema, i suoi posti.
Le Mépris
Questo è il film della sconfitta. È il film che mi fa sentire il peso delle braccia lungo i fianchi anche se sono in grembo sulle gambe incrociate. Ma non è sconforto, non potrebbe esserlo. E se sono lacrime, sono di assoluto incanto.
Mentre Fritz Lang nei panni di sé stesso regista e Michel Piccoli sceneggiatore discutono di Ulisse, Godard racconta con l’ironia del genio e la severità della bellezza di un ritorno impossibile, di un confine oltrepassato per sempre. C’est la vie, come ci ricorda spesso la fragile musa con la voce e il corpo di Brigitte Bardot convincendo tutti meno che sé stessa.
Quanto a me, Le mépris non segna affatto una fine, giusto l’opposto. Perché si inganna come può solo chi ha senno, chi pensa che disperazione e speranza siano due sentimenti diversi. E mentre ripenso a quella frase di John Berger di cui per tanto tempo non seppi che fare—‘Ciò che rimane delle nostre speranze è una lunga disperazione che le farà rinascere’—spengo la luce e innamorato mi dico, così sarà!