NOTE DAL CINEMATOGRAFO / Appunti scimmieschi attorno al cinema, i suoi posti.
The Favourite
Al solido corpo di lavoro di Yorgos Lanthimos si aggiunge una variante in tanti modi uterina che vince, a parer mio, l’ambiziosa scommessa di scamolare un genere tanto classico quanto quello del dramma in costume. The Favourite rilegge la maturità della Regina Anna mettendo ai pochi dettagli storici di fondo le tragicomiche ali dell’intrigo, del potere, dell’invidia, della solitudine, della disperazione, dell’autolesionismo e della ricerca di salvezza, senza tradire quel vago nichilismo—questa volta in una forma molto più discreta e digesta—che sin dalla sua ardita opera prima divide dei critici parole e stomaci.
Più assurdista che assurdo come i suoi precedenti, The Favourite è una storia di ribellione e di battaglie comunque perse, comunque combattute—al fronte, di palazzo, personali o interiori. E non ci si lasci inebriare dal profumo di legno antico e cera, né distrarre dalla regale battuta che tutti ricorderanno—‘I like when she puts her tongue in me.’—perché l’audacia di The Favourite trascende la sua sguaiata apparenza. Si rifletta piuttosto sull’ultima scena, che secondo consolidata predilezione dell’autore greco e meravigliosa sintesi metaforica, riassume in un’unica goffa immagine il film intero. E il suo raffinato messaggio.