—ac
cinematografo_squarespace_thumb_brighter.jpg

note dal cinematografo

NOTE DAL CINEMATOGRAFO / Appunti scimmieschi attorno al cinema, i suoi posti.

Spring Breakers

Non può sorprendere che Spring Breakers sia stato accusato di maschilismo da alcuni, razzismo dagli stessi, lodato quale icona di femminismo dai più estrosi. Si è detto e scritto che incoraggi la cultura dei soldi, della maria madre, e dello stupro—ma le uniche frenesie che sembra aver scatenato sono l’emotività dei critici più bigotti e la loquacità dei tanti Gesù al tempio.
Harmony Korine colora di albe fluorescenti una civiltà indifesa, alcolica per noia e tragicamente casta nonostante il suo costante ammiccare al sesso, che abbaia randagia perché è tutto ciò che può fare. E alimenta nel farlo la nostra coscienza, perché il mondo che ritrae non è poi così straniero come ipocritamente vorremmo pensare.
È nelle tre battute, tre volte sussurrate come un rosario all’inizio dell’atto finale, che sta l’intero film—Y’all want to do this, or what? / You’re scared, aren’t you? / Scaredy pants.