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note dal cinematografo

NOTE DAL CINEMATOGRAFO / Appunti scimmieschi attorno al cinema, i suoi posti.

Favolacce

Chiunque sia stato al cinema più di due volte nella vita sa che ci sono film che finiscono e altri che continuano. Ci sono titoli di coda in cui cui la gente si alza e gobba sfila tra le ginocchia altrui ciondolando verso l’uscita, e altri in cui tutti restano immobili a guardare il nero scorrere dei nomi, paralizzati in attesa che qualche idea prenda forma, che le lacrime si asciughino, o che qualcuno abbia il coraggio di muoversi per primo. Favolacce, il secondo diretto oltre che scritto dai fratelli D’Innocenzo, è di quest’ultima stregonesca razza.
Bambini adulti con una serie di padri bizzarri e bambini, e adulti inetti barricati nelle torri dei loro castelli sono le anime strane dalle pulsioni ferali che popolano un’estate di cicale assordanti e di aneddoti a metà tra favola e borgata.
Girato e interpretato magnificamente da un coro di visi e voci perfette—e trovando il passo in alcuni evocativi pezzi di Egisto Macchi1 nonché nel quasi mistico adattamento conclusivo della seicentesca Passacaglia della vita2Favolacce è una pastorale urbana vera come le pagine di un diario segreto che ci invita a riflettere su cosa questa generazione stia facendo per la prossima, quale insegnamento le stia dando e quale lascerà.
O forse no, forse è tutt’altro. Ma finché quel dubbio sarà vivo, lo saranno con esso l’incanto di un film speciale, la voglia di rivederlo, e rivederlo ancora.

1. Egisto Macchi, Città notte, 1972.
2. Rosemary Standley & Dom La Nena, Birds on a Wire, 2014.