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gente e strade

Wood Green

Pesanti come il ferro di cui odorano e l’umore da condannati a morte, le figure in divisa nell’atrio della biglietteria di Wood Green hanno mole mastina e ceffo da monatti.
Fuori dalla stazione, quando è tardi ed è buio, ci stanno i drogati, gli spacciatori, quelli che gridano, sputano, e le donnacce. Quelli coi denti marci e quelli senza, gli accoltellatori non professionisti, ubriachi o sobri. E ci sto io, qualche volta, ignorando quale di questi talenti sia anche il mio.
A questa atmosfera densa di urbe malsana senza data, a questa coltre infetta e disgraziata di alito umano, di aceto scaduto e pesce fritto, offre il contrasto più inaspettato la musica che qui, solo a questa fermata tra quelle che conosco, fa da sottofondo. Musica classica. Musica rinascimentale, barocca o romantica, ad alto volume. Una benedizione laica che non santifica, ma che da un vivido senso di apocalisse. È il genio dell’uomo, il suo odore, e il suo inossidabile sopravvivere.


 
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