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gente e strade

Tate Modern

Sull’erba della Tate Modern con un’amica e l’artista che per sangue mi è più vicina, ho guardato il prato davanti alla galleria e la gente sparsa su di esso a gruppetti equidistanti di due o di tre. Ho pensato e detto, che belli che sono.
Seduti a terra come il bue e l’asinello e il bambino in mezzo, abbiamo parlato come si fa, guardandosi negli occhi come si deve. Una sua riflessione mi ha sorpreso, ma non mi ha sorpreso affatto, per quanto mia m’è parso che fosse—gli artisti lavorano per essere pronti, pronti per quello che non conoscono, non sanno se vogliono e se verrà.
Ma sulle ossa di gomito e chiappe la terra è comoda per poco ancora e quel pensiero con me si leva, oltre le betulle dove il fiume è largo, e non permette di certo che gli si veda il fondo.


 
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