Re suicida
Cammini veloce per stare in piedi
non apri l’ombrello perché vuoi il cielo
la tua coperta.
Perché vinca l’acqua
che finalmente scende
ed è meno fredda della terra che lava.
La cosa più bella
le mani in tasca
e il canto ladro di un uccello stanco
in una sera d’asfalto.
Questa notte vera
immobile e dolce
che non cambia mai
non è mai la stessa.
Grida l’eco degli anni
del tempo che vince e torna
e crudelmente si nega.
Dei desideri perduti
le promesse mentite
con gli occhi aperti e la mente ebbra.
Sei il re suicida
che spegne il giorno
del bambino nato.
Un salmo nero
che scuote la spina da coccige a nuca
e avvelena lo spirito di ingenuo ardore.
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