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gente e strade

La grande bellezza

I raggi infuocati delle nove e mezza di mattina tagliano il vetro traslucido della tettoia riducendo la fauna a un incalzante inseguirsi di sagome scure. Davanti all’ingresso della stazione di Finsbury Park c’è il solito carnevale teso di chi sembra stia per cagarsi nelle brache o di chi nelle braghe già sta cacando mentre telefona, scrive, legge, oppure sorchia una delle infinte varianti del caffè—sempre e comunque incandescente. Musi addormentati, preoccupati, indifferenti, rassegnati. Pochi sono quelli davvero imperscrutabili.
Nel mezzo di questo brulicante mercato della carne, noto senza fatica una ragazza e un ragazzo. A differenza di tutti sono fermi. Rischiarati da un inaspettato fare disteso più ancora che dal sole, dialogano e si scambiano sorrisi da parte a parte del collo di bottiglia che versa nella stazione. La loro serenità pare decisamente fuori luogo, francamente sfacciata, eppure sincera. La gente li sfiora, loro impassibili. Gli passano davanti, in mezzo, non li toccano, non li vedono. Ma io si, immodestamente solo e sufficientemente discreto da non turbare l’incanto. Sono sordomuti, finalmente mi accorgo. Che bellezza, penso ricordando casualmente una battuta scritta per il ruolo omesso di Giulio Borgi. Che grande bellezza.


 
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