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gente e strade

La metà degli occhi

Oggi in treno c’è anche un ragno—nemmeno tanto piccolo, per quello che posso stimare da dietro le lenti.
Non ha zaino, borsa o cartella. Non sta andando a lavorare. Questa è la linea che arriva fino all’aeroporto, ma non ha valige. Non sta nemmeno partendo. In effetti, è completamente nudo, e con estrema disinvoltura.
Sta cercando senza successo di risalire il battiscopa concavo e gommato del vagone. Arriva senza problemi fino a metà dell’arco, poi scivola giù, all’indietro, tornando esattamente dove era partito. Non ho mai visto un ragno tanto rimbecillito. Forse sta smaltendo una sbronza. Forse è sbronzo.
Ci riprova. Forse questa volta ce la fa. Niente. Tutto da capo, ma non si arrende. Non sembra nemmeno porsi il problema. In nessuna delle otto zampe riesco a leggere il minimo cenno di una possibile ragnosa imprecazione. Il ciclo si ripete invariato, come stabile pare essere il suo stato emotivo. Non si incazza, non si scoraggia, non cerca una via meno ardua.
Quanto vive un ragno—trecento anni come le sequoie, gli elefanti, le vedove e i preti? Non penso proprio. Eppure ecco, nella sua breve esistenza, il mio giovane Sisifo dal pelo rado ha già imparato molto più di me.
O forse sono proprio come lui. La metà degli occhi, miopi il doppio, avanti e indietro sulla stessa ferrata da un terzo di una vita senza essere andato da nessuna parte, senza sentirne il peso e senza intenzione di cercare alternative. Schiacceranno pure me.


 
—ac