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gente e strade

Amore che non parli

Hanno capelli bianchi in testa e ottant’anni mal portati sulla schiena. Lui aspetta che lei si sieda, poi si accomoda di fronte, scivolando le gambe sotto il tavolo come il piede in una pantofola. Senza scambiare parola, aprono il menu e cominciano a leggere. Sembrano perplessi, lo sono—è più difficile di quanto pensavano.
Lui alza le sopracciglia, si accarezza con l’anulare l’arcata sinistra senza trovare il coraggio di lasciare la pagina—questo esame non lo passerò mai. Le mani in grembo, lei percepisce il suo sconforto e lo condivide con dignitosa immobilità—non posso aiutarti. E lui lo sa. Come sa anche, lo sanno entrambi nello stesso preciso istante, che è l’ultima volta che scelgono un ristorante greco.
Finalmente arriva il cameriere. Indietro non si torna. Questo, questo e questo, indicano a turno con il decoro ultimo di chi ha accettato che caso e sorte siano lo stesso fatale miraggio.
Un bouzouki riempie il tempo che segue e lo spazio che li separa. Passano minuti silenziosi scanditi da gesti minimi. Una quiete muta che solo il cameriere riuscirà nuovamente a destare.
Il cibo è in tavola. Esitano ancora un poco—dove cominciare, come. Lui si serve inettamente da una portata qualsiasi pasticciandone il contenuto. Le passa il piatto. È un attimo lento, per niente fugace, quello in cui le dita di lei e di lui si trovano a sostenerlo, assieme, nell’aria ferma e chiassosa. Gli sguardi si trovano, per gioco si sfidano, con audacia restano. Le labbra di lui si distendono in un sorriso. Quelle di lei, dolci e sottili senza trucco, gli rispondono.
Amore che non invecchi e non morrai. Amore che non parli, e lo fai più forte del baccano degli ingordi.


 
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