Sale alla fermata dopo la mia, non so come. Mi si pianta di fianco grande quanto un animale preistorico glabro, con lo stesso eccitante odore di lurido e selvaggio. Plastico come nessuno alla mia stronza età, mi adatto alla forma della creatura trovando il giusto incastro tra il suo molle addome e i pali gialli del bus.
Riprendo a leggere. Cerco di farlo lentamente perché so che così allestito non potrò girare pagina. Poco oltre, nemmeno a metà strada, le parole finiscono comunque e non mi resta che lasciarle dove stanno.
La dama mora cui faccio ombra è al telefono da ventun minuti con Flora Bambi. Suo figlio cerca di attirare la sua attenzione, invano. Cattura invece la mia. Poi mi vede, sorride, ricambio. Sappiano per un attimo qualcosa in più di tutti gli altri passeggeri e della città. Siamo per un istante quello che la stessa, per sua natura, desidera dimenticare.