Riconosco alle mie spalle l’inconfondibile suono degli zoccoli farsi sempre più prossimo. È arrivata la cavalleria leggera, realizzo emozionato nel farmi da parte. Mi volto con lo sguardo di un bambino che scarta un regalo, e con la sua stessa delusione di trovarvi invece che erba qualcosa di utile, ritorno in un istante quello che ero—mezzo adulto e mezzo prete.
Discretamente equino ma tutt’altro che leggero, mi sorpassa un soggetto con le scarpe di cuoio e il culo rotondo. La sua corsa è scomposta e feroce. Si arresta all’incrocio mostrando senno e il desiderio di non morire, poi riprende lo stesso furente galoppo fino a infilare, senza schiantarsi, la porta a vetri di un palazzo. Nell’atrio marmoreo finalmente rallenta, si sistema la cravatta, la camicia nei pantaloni, e coi capelli appiccicati alla fronte presenta il documento che gli permette di entrare in una seconda porta—quella di un ufficio.
Le vite degli altri sembrano sempre buffe caricature della nostra, ma non lo sono mai.