Gatti di Fitzrovia
Domenica mattina bianca e vuota al di là di una finestra su Fitzrovia. Entra quello stempiato con il codino tinto assieme al compadre livido di peli scuri e barba sfatta. Si siedono al tavolo accanto al mio con la pancia pesante, la camicia fuori e un fare mitico. Ordinano due caffè per lavare le voci roche e i sorrisi cariati. Sono gatti veraci di Spaccanapoli. Non capisco cosa dicano nemmeno quando ridono, ma è quanto basta perché il poco cielo che da quest’angolo vedo si faccia azzurro in coppa ai mattoni e in culo ai ladri che dicevano piogga.
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