Appoggiate alla gelida ringhiera che separa il marciapiede dalla strada, stanno due donne ferme e simmetriche col capo coperto da un fazzoletto zingaro. Non sembrano vedersi, nemmeno conoscersi, ma hanno la stessa cinerea espressione di un corpo esangue per sempre immobile. Dalla bella stazione di Bounds Green la gente esce, soprattutto entra, passa loro davanti con in mano il giornale, una tazza calda, sulle orecchie le cuffie o nelle narici. Nessuno le vede perché non esistono. Stanno negli angoli morti delle mattine cieche, sono le statue umane della città.