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gente e strade

Nastri di plastica

Di tutte le cose che non stanno funzionando in questi mesi di barricata—i negozi chiusi, i teatri, i ristoranti, il passaggio raro dei bus vuoti negli orari in cui di solito si vomita acida un’inspiegabile adrenalina. Dei segni più inquietanti che noto con distacco—i fiori sulle porte delle case, l’evitarsi della gente per strada, il guardarsi perso e goffo sopra le ridicole museruole. Di tutto questo insolito e mesto carnevale, c’è un’immagine che dopo tre mesi ancora mi tocca più di altre—i giochi dei bambini abbandonati all’erba non tagliata, alle pozzanghere nere, cintati da transenne e nastri di plastica colorata come fosse un sito radioattivo oppure il luogo di un omicidio. E ancora più cupo e triste, è realizzare che l’omicidio c’è stato davvero—di quelli più crudi, bruti e deludenti in cui nessuno muore, eppure un poco muoiono tutti.


 
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