La palestra è una specie di grande meridiana umana che non ha bisogno del sole per funzionare. Anche per questo sta sottoterra.
Di prima mattina ci sono i salutisti, soggetti amichevoli e innocui dalla risata rara e maldestra. Spesso ingobbiti dalla fretta, hanno un corpo asciutto, pressoché glabro. Si dedicano con rigore alle poche attività di fondo che uno scantinato permetta di fare. Vogare e correre. Qualcuno, qualche volta, scazzotta senza religione il vecchio e masticato sacco da pugilato, ma solo a fine seduta, sull’umida via degli spogliatoi.
In pausa pranzo ci sono i fricchettoni, quelli che vanno in palestra per caso, per dimagrire, per lavarsi la coscienza, per vanto o per voto. Sono quelli che sudano di più. Non sanno mai cosa fare, ma lo fanno con ostinato isterismo, gli occhi sgranati, e la stessa velocità con cui le cicale frizionano le ascelle. Bevono liquami inauditi e costosi, dolciastri o salati, al gusto di vaniglia o di banana o di cioccolato belga. Affranti, sull’orlo del collasso nervoso, investigano spesso sulle abitudini alimentari dei meno bolsi, che in questa fascia oraria diventano dei di un culto oscuro.
Ci sono poi quelli della sera, i superuomini rocciosi che ascoltano la musica con le cuffie mentre strizzati nella cintura di cuoio sollevano quintali e catene di navi. Hanno le arterie sfacciatamente gravide e i tendini del collo tesi come stralli d’acciaio. Hanno il volto scavato e un’espressione ferma, indistinguibilmente concentrata o cagnesca. Immutabile nel tempo. Non sono aggressivi, ma comunicano poco e lo fanno con la bocca serrata, facendo pulsare con vizio le vene ritorte delle tempie.
I lenti e informali orari intermedi, infine, sono dei conducenti di metropolitana. Quelli con l’approccio meno ossessivo, al limite dell’inumano. Sono i più rilassati e per questo invidiati. Perché la gente non sa quanto sia difficile il lavoro che fanno, quanta tensione ci sia a ogni fermata, tutte le volte che il treno si lancia in stazione passando a pochi centimetri dal muso della gente, dalla carne frenetica, dalla carica del branco. Sono quelli che sopra e sotto la terra, in palestra o in galleria, sanno fingere il senno col distacco del mestiere. E si fanno della follia di tutti gli altri, testimoni ignoti, osservatori neutrali in transito.