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Courmayeur

Quello che mi è sempre piaciuto di Courmayeur—lo dico senza ironia, anzi con genuina saudade—sono i turisti che si aspettano bastino i soldi perché un paese di montagna acquisti la mentalità e il ritmo della città da cui provengono. E quindi litigano. Quelli che non si arrabbiano ma si stizziscono, che sono nervosi in coda, infervorati sulle piste, aggressivi e rumorosi in macchina. Sono le anime tese perennemente incolonnate in tangenziale che negli ultimi inverni sembrano essersi progressivamente estinte. Che infelice nonsenso la montagna senza la gente che si azzuffa, le macchine accese in divieto di sosta, i cani alti tre metri con il sigaro da un lato, la bava colante dall’altra, e quelli alti venti centimetri con la pelliccia di zibellino e gli occhi in fuori da pii estremisti. Resta solo la neve, bianca e profumata di aria fredda e larici, comunque artificiale come tutto.


 
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