L’educazione nella mia epoca è quella che ha accusato la precedente di eccessivo nozionismo e pedanteria—che ha fatto leggere gli estratti nelle antologie invece dei libri, e le poesie ad alta voce in classe piuttosto che farle imparare a memoria. È la stessa epoca di chi non ricorda i numeri di telefono, i compleanni dei santi o come preparare un martini. Non ne ha bisogno, perché c’è sempre chi lo sa al posto suo.
Secondo Socrate, scrivere uccide la memoria. Per lo stesso motivo, internet fa oggi del ricordare un esercizio ancora più inutile e obsoleto. L’immediata onniscienza che esso fornisce non solo seduce compromettendo la qualità e la consistenza dell’apprendimento, ma incanta al punto da confondere l’informazione con la conoscenza. Accessibilità e sovrabbondanza non possono che condurre a un sapere illusorio e superficiale. Quello che resta di un contatto fugace, soprattutto con ciò che si sa essere reperibile in qualsiasi momento, vale quanto un quotidiano sfogliato sul cesso o una serie televisiva consumata in poche sere. Conoscere richiede pazienza e tempi dettati dalla natura dell’uomo, non dalla tecnologia che gli è messa a disposizione.
Internet è un banchetto gratuito di ghiottezze inedibili se trangugiate senza masticare. Nella maggior parte dei casi, nota Jared Horvath1, è giusto un’esperienza momentanea che dell’imparare procura solo l’impressione.
L’uomo userà sempre i mezzi che gli saranno messi a disposizione, quelli che riterrà più efficaci, pratici e remunerativi. La nostra intelligenza non è pigra, non lo è mai stata, è semplicemente efficiente, e internet un invito in più a esserlo—un invito biblico non privo di insidie.
1. Jared Cooney Horvath, as quoted in How Do I Stop Forgetting What I Learned So Quickly? by William Cho, 29th April 2018.