Mi alzo di notte
svegliato dal grido delle mie ossa.
Non sono un eroe.
Sono quello che spera
di arrivare alla doccia col naso dritto,
quello che spera di vedere alla doccia.
Mi allaccio le scarpe scomodo a terra
mi alzo le guardo gialle di cedro.
Non sarò io nel quadrato a danzare
ma il cristo di un tempo per cui sgomito e mento
sognando dolce di un matto il pianto.
Rannicchiato in difesa
un cantuccio segreto che sa di sudore
del cuoio dei guanti.
La mia tana è di lava.
Poi il colpo arriva
un ariete che squarcia
a mordere il freddo si fa largo feroce.
La clessidra si ferma
non sono granelli ma gocce scarlatte
di un nuovo dolore il sadico inganno.
Eppure eccomi
ancora qui a sembrar vivo
di Soho un’ombra una sagoma intatta.
La pelle è bollente
il cuore che bussa dietro la gola
non può scappare.
Ognuno al suo posto
coi pugni stretti al duro del muso
il cuoio e la carne nelle narici
perché un incontro è solo una strada
mio povero cane, una strada sola.