—ac
FranzKline_LeGros_1961.jpg

stanze

Vorrei tremare

Vorrei tremare
non essere indifferente
al profumo del fango
e le foglie bagnate.

Senza pensieri a muovere gli arti
per una volta alla fermata aspetto
invece di usarli.

Hanno più sonno di me le mie dubbie ossa
più sonno che fame la mia carne concia.

Vorrei una coperta e un libro.
Silenzio voci, silenzio catene.

E più di tutto il mio antico rumore.


—ac
Capitano esangue

Alla morte
voglio arrivare tra cent’anni
stolto, giovane e impreparato.

Pensarci allora
o niente affatto.

Che da lontano
il capitano esangue
mi venga incontro
e come il re
alla sua vista inorridire.

E se da dietro
mi prenderà senza preavviso
sarà da cane
che gobbo tremulo mi arrenderò.

Ma in quell’istante
di solitudine e cieca ebbrezza
avrò creduto sia stata vita.


—ac
Maria

Come si può non amare
i mattoni di questa città

le sue notti puntate dallo splendore
bestiale di mille occhietti argentati

le sue mattine di bianca cera
e del suo porto i suoni convulsi.

Come non credere a Maria
schiva zingara dei suoi vicoli lordi

alle sue piastrelle sconnesse
ladre dei sogni di quanti sguardi
vi si siano persi a cercare il cielo,
a trovare polvere.

E alla bellezza

con cui ferisce e possiede
chi ha il privilegio
immenso
di bere assetato
il suo ruvido sangue.


—ac
Sordi muggiscono

Curioso è il caso
dei tanti cervelli
che sordi muggiscono
nella mia coccia corrotta.


—ac
Il cuoio e la carne

Mi alzo ogni mattina
che è una fortuna immensa.

Io sono il pugile.

Mi alzo di notte
svegliato dal grido delle mie ossa.

Non sono un eroe.

Sono quello che spera
di arrivare alla doccia col naso dritto,
quello che spera di vedere alla doccia.

Mi allaccio le scarpe scomodo a terra
mi alzo le guardo gialle di cedro.

Non sarò io nel quadrato a danzare
ma il cristo di un tempo per cui sgomito e mento
sognando dolce di un matto il pianto.

Rannicchiato in difesa
un cantuccio segreto che sa di sudore
del cuoio dei guanti.

La mia tana è di lava.

Poi il colpo arriva
un ariete che squarcia
a mordere il freddo si fa largo feroce.

La clessidra si ferma
non sono granelli ma gocce scarlatte
di un nuovo dolore il sadico inganno.

Eppure eccomi
ancora qui a sembrar vivo
di Soho un’ombra una sagoma intatta.

La pelle è bollente
il cuore che bussa dietro la gola
non può scappare.

Ognuno al suo posto
coi pugni stretti al duro del muso
il cuoio e la carne nelle narici
perché un incontro è solo una strada
mio povero cane, una strada sola.


—ac