Vorrei sentire l’aria fresca
quando si muove lentamente
per non svegliare il sole,
il suo peso ad agosto.
Essere ingenuo come lei,
pensare che il primo ossigeno
possa durare fino a sera
e solo allora
con me morire.
Vorrei sentire in lontananza
un’ape di ferro spetazzare
sull’arida erta del cimitero,
smadonnare i colpi persi
giunta quasi a scollinare
e infine farcela
come un giorno qualunque
messo in terra da iddìo.
Un’ape al lavoro mentre sto fermo
non meno in affanno
matita in pugno e i fogli sul tavolo.
Solo ora
non più di un secondo
vorrei stare su quella terrazza
per sempre al mare.
La carta vuota
i campi gialli ardenti
e senza timore aspettare.
Mi innamoro molto facilmente
delle persone
che finita una grossa tazza di caffè nero
si alzano dalla sedia con il culo
e senza chiamare il servizio al tavolo
vanno
ne ordinano un’altra
tornano a sedersi
appassionati aspettano
mentre guardano con gli occhi
chi gli sta di fronte
me
che pure leggo e sorseggio e scrivo
e con disinvoltura dicono, questo
è un buon caffè.